Tutti i presidenti delle sigle della ristorazione e della distribuzione commerciale sostengono un manifesto in cui si chiede la riforma dell’intero sistema dei buoni pasto, con l’introduzione della salvaguardia del valore nominale del ticket e la definizione di tempi certi per il pagamento dei rimborsi.
DUE OBIETTIVI
«Se non ci sarà una riforma radicale del sistema di erogazione dei buoni pasto, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione potranno smettere di accettare i ticket. Un danno enorme per circa 3 milioni di lavoratori pubblici e privati che utilizzano quotidianamente questo strumento per assicurarsi il pasto».
A lanciare l’ultimo grido di allarme prima di avviare azioni più drastiche sono Fipe Confcommercio e le principali associazioni dei settori interessati (ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA) decise ad accendere un riflettore sulla degenerazione del sistema dei buoni pasto, alla vigilia della pubblicazione della gara BP10, indetta dalla centrale unica di acquisto, Consip.
Due gli obiettivi: la salvaguardia del valore nominale dei titoli – un buono da 8 euro deve valere 8 euro anche per l’esercente – e la definizione di tempi certi di rimborso da parte delle società emettitrici.
LA GARA CONSIP BP 10
La stazione appaltante per il servizio di buoni pasto all’interno della pubblica amministrazione, Consip, effettua le gare solo nominalmente con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa mentre, di fatto si traduce, nell’aggiudicazione a chi offre il prezzo più basso. Nel corso delle ultime due gare, 2018 e 2020, gli esercenti si sono trovati a pagare commissioni medie del 19,8% (BP8) e del 17,80% (BP9).
Questo meccanismo finisce per scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale. Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare o il supermercato ne incassa poco più di 6. Una volta scalati anche gli oneri di gestione (conteggio, spedizione, pos, ecc.) e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro.
I NUMERI
Prima dello scoppio della pandemia, circa 10 milioni di lavoratori pranzavano quotidianamente fuori casa. Di questi, circa 3 milioni beneficiavano di buoni pasto e il 64,7% li utilizzava come prima forma di pagamento, ogni volta che usciva dal proprio luogo di lavoro. Complessivamente si stima che nel 2019 siano stati emessi in Italia 500 milioni di buoni pasto, di cui 175 milioni acquistati dalle pubbliche amministrazioni, che li hanno messi a disposizione di 1 milione di lavoratori. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono nei bar, nei ristoranti, nei supermercati i e in tutti gli esercizi convenzionati 13 milioni di buoni pasto.